Di Valerio Magno – AD Master SESEF
Nel 2018 chiacchieravo in aula con alcuni studenti degli sviluppi delle nuove tecnologie soprattutto quelle che , impiantante nel nostro corpo, ci avrebbero resi degli ibridi uomo-macchina.
Si faceva brainstorming sui vantaggi e sui rischi, si citavano saggi e romanzi, serie tv e film, il tutto in un’atmosfera difficile da inquadrare; c’era curiosità , speranza, tensione, sorrisi e sguardi corrucciati di preoccupazione e qualche cuore batteva a crome e semicrome.
Tra queste tecnologie, mettevo in guardia tutti principalmente da quelle installate direttamente nel cervello umano.
"Si partirà con le applicazioni a fini medici che saranno ampiamente condivise e si arriverà agli impianti finalizzati al potenziamento delle normali capacità umane ", questo dicevo. “Da quel momento, cioè quando verranno inseriti chip nel nostro cervello, perderemo , di fatto, e non più solo come indagine filosofica sull'esistenza, la certezza delle nostre esperienze nel mondo e perdere questa certezza vuol dire perdere la base su cui poggia la nostra consapevolezza di esistere , almeno in quanto esseri pensanti “ (Cartesio dixit).
Non volevo spaventare nessuno e non volevo cadere in nessun qualunquismo sul “si stava meglio quando si stava peggio”, volevo semplicemente fare ciò che l’essere umano sa fare meglio ,almeno potenzialmente: riflettere.
Oggi, nel 2024, leggiamo del primo chip installato direttamente nel cervello umano, potrà essere l’inizio di un nuovo grande umanesimo è vero, ma potrà anche essere molto di più di questo in meglio e in peggio, non possiamo esimerci dall’avere un atteggiamento critico sulla questione e per critico si intende appunto la capacità di riflettere sull’argomento.
Abbiamo avviato un processo in cui le macchine, grazie anche all’intelligenza artificiale ,tendono ad assomigliare sempre di più agli esseri umani e di contro, questi ultimi, tendono ad avere delle macchine, abilità ed aspetto.
Forse ci scrolleremo di dosso quel “umano, troppo umano” di Nietzsche liberando così il nostro spirito libero, la nostra essenza migliore, o forse no.
Forse saremo “macchina, troppo macchina”, tanto da perdere anche quella mediocrità umana, appunto, che poi alla fine è ciò che ci rende ciò che siamo, imperfetti e di questa imperfezione Noi, almeno fino ad ora, ne abbiamo fatto vessillo e fonte di primaria motivazione al miglioramento o almeno alla ricerca dello stesso.
Cosa accadrà se come “superuomini” oltre che Dio, uccideremo anche l’umanità? Cosa sarà della nostra voglia di ricercare conoscenza, capacità, abilità se tutto sarà già pre-caricato in un chip. Come faremo a godere delle differenze tra di Noi se non ci saranno più differenze, che piacere avremo nell’attrazione mentale se l’altro/a sarà troppo simile a noi in quasi tutto e per tutto. Che piacere ci sarà nel vagare nel mondo se ciò che vedremo sarà già stato inserito di default nel nostro “hard disk personale”.
Ma queste domande sono solo alcune delle tante che ci possono venire in mente riflettendo sulla questione, ce ne sono tantissime altre che riguardano questioni pratiche del qui ed ora e non per questo meno importanti.
Quello che possiamo fare è osservare, valutare, parlare tra di noi , usare il grande strumento del dialogo e attendere le evoluzioni future ricordandoci sempre che siamo noi a decidere per noi stessi e che non necessariamente una tecnologia, solo perché è tale, deve essere accettata e inglobata nelle nostre vite.